marzo 15, 2018

Le fiabe del dodo #28

E con questo post dovrei riuscire a riprendere la regolare pubblicazione dopo il periodo influenza e fiera XD. La fiaba di questa settimana è, come per lo scorso mese, legata alla cultura nipponica. Si tratta di una fiaba talmente nazional-popolare che ho visto qualche volta trasposta anche in alcuni anime scolastici. Sto parlando della leggenda di Momòtaro.

Momòtaro o il primogenito della pesca

Nella contrada di Sagami viveva una coppia di anziani. L'uomo era un vecchio falegname, mentre la donna si occupava della casa.
Un giorno, mentre la donna era al fiume a lavare i panni, la sua attenzione venne catturata da un oggetto che veniva trascinato dalla corrente. Guardando meglio, ella notò che l'oggetto altro non era che una bellissima pesca, il frutto preferito dal marito. Lasciati i panni, corse a prendere la pesca con l'aiuto di una canna di bambù e la portò a casa.
Quando tornò a casa il marito, rimase anch'egli affascinato dalla bellezza di quel frutto. I due rimasero molto tempo ad ammirare la pesca, e quando si decisero a tagliarla per mangiarla, quasi gli prese un colpo. Dal nocciolo faceva capolino un bellissimo fanciullo. I due anziani, che in vita non ebbero la felicità di diventare genitori, presero questo fanciullo nato dalla pesca, come un dono del cielo e decisero di adottarlo e crescerlo con il nome di Momòtaro, che significa appunto il primogenito della pesca.
In breve tempo Momòtaro crebbe e diede molte soddisfazioni e felicità ai genitori adottivi.

A poca distanza dal luogo dove abitavano i vecchini e Momòtaro, vi era un'isola chiamata Onigachima, nella quale si diceva abitassero i Geni, dei maghi dalle immense ricchezze.
Momòtaro, sapendo dello stato di povertà in cui era costretta a vivere la gente della contrada di Sagami, decise di pianificare una spedizione per poter distribuire in modo più equo tutte quelle ricchezze. Una mattina, salutò i suoi genitori, mise nella bisaccia i dango preparati dalla madre e partì alla volta di Onigachima.

Sulla strada Momòtaro incontrò per primo un cane che gli promise di accompagnarlo nel suo viaggio in cambio di uno dei suoi dango. Il ragazzo accettò volentieri lo scambio.
Pià avanti, lungo la strada egli incontrò anche una scimmia e un fagiano di monte ed entrambi gli fecero la stessa richiesta del cane: un dango in cambio della loro compagnia lungo il viaggio. Ad entrambe le creature venne offerto il dango e fu così che in breve tempo Momòtaro si ritrovò a viaggiare con un cane, una scimmia e un fagiano. Ad un tratto un rumore fece girare Momòtaro verso i suoi tre accompagnatori, ed invece delle tre creature, dietro di sè trovò tre valorosi guerrieri.
Gli animali si erano trasformati per poter servire meglio quello che loro reputavano un uomo giusto, valoroso e buono.

Dopo alcuni giorni di navigazione, i quattro si ritrovarono finalmente sull'isola. Si inerpicarono sulla salita e sconfissero numerosi Geni che abitavano nel castello dell'isola. La loro squadra procedette spedita dalle mura, all'interno del castello, fino alla stanza di Akandoji, il capo dei Geni che li attendeva armato della sua mazza che uccideva in un sol colpo.
Momòtaro era molto agile e riuscì a schivare numerosi fendenti. Quando poi la lotta divenne un corpo a corpo, non fu difficile per il giovane, avere la meglio. Akandoji venne quindi legato e reso inerme.
Il capo dei Geni fu sorpreso dal coraggio  e la forza di Momòtaro e gli disse:
"Riconosco in te un leale e valoroso guerriero e anche i tuoi compagni meritano ammirazione e rispetto. Con il vostro coraggio vi siete meritati i miei tesori, perciò se mi libererai, io ordinerò ai miei scudieri di consegnarti tutto ciò che desideri"
Momòtaro slegò quindi il capo dei Geni, il quale ordinò ai servitori di portare tutti i tesori del castello, che vennero poi portati dal giovane e i suoi tre aiutanti sulla barca per essere portati agli abitanti di Sagami. Akendoji dovette riconoscere quindi anche la grande nobiltà d'animo di Momòtaro.

Quando il quartetto finalmente sbarcò sulle coste di Sagami, i vecchietti e tutta la popolazione era lì per omaggiarli. La scimmia, il fagiano e il cane vennero festeggiati e onorati, mentre Momòtaro divenne il signore della contrada. Sotto la sua guida, il popolo visse prospero e sereno e si fece buon uso delle ricchezze conquistate.
Per una volta la ricchezza non aveva provocato lotte e invidie e Momòtaro visse a lungo, felice e ammirato dal popolo.

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